Potremmo
fare gift guide per sempre perché nonostante tutte le indicazioni del mondo
rimarrà sempre quella persona, quell’amica, quel fidanzato dai gusti difficili.
Per non
parlare dei papà? Che si regala ai papà? E alla mamma?
La risposta?
NON. LO. SO.
Non sarò qui
a farvi guide sui migliori set da barba dal sapore vintage, accostando un
dentifricio Marvis ad un pennello in setole di cinghiale. Mio papà ha 80 anni,
si fa la barba con lo stesso pennello da almeno 10 se non 20 anni. Non indossa
profumo. Si mette qualsiasi cravatta che mia madre gli faccia trovare già annodata
sul letto.
Il massimo
del regalo per lui sarebbe un gilet di cachemire come quello giallo che ha messo
per l’intera mia infanzia. Era di Zegna, un cachemire dal filato sottile
e un etichetta così vecchia che Zegna nel frattempo ha cambiato logo almeno 8
volte.
Mio padre non legge libri, legge regolarmente Famiglia Cristiana da almeno
35 anni e il Messaggero Veneto che si compra da solo alla domenica dopo la
messa. Mio padre ha fatto il carrozziere per tutta la vita e oltre a Famiglia
Cristiana l’altra rivista che ha letto di più è stato il “Quattroruote”. Da quando abbiamo chiuso l’officina e mio
fratello non c’è più l’unica cosa che vedo concedersi relativamente al mondo
delle auto è il Tg2 Motori alla domenica dopo pranzo. Una specie di tradizione pure
per me, quasi al pari dell’albero di Natale.
Non ha
bisogno di nulla, non ha particolari gusti culinari. E’ cardiopatico e anche
volendo, non potrebbe concedersi la scatoletta di foie gras se non vogliamo poi
aspirarglielo via dalle arterie.
Quest’anno
ho deciso di regalargli (a lui ma di fatto a tutta la famiglia), un panettone
artigianale milanese.
Sono 8 anni
che vivo a Milano e ancora non ho mai portato a casa il Vero Panettone di
Milano.
Da un veloce
sondaggio online pare che il migliore sia quello di Marchesi anche se l’unico
panettone fighetto che ho mai assaggiato è stato di Cova, l’anno scorso ad un
cocktail aziendale, e sono rimasta stupefatta dalla bontà.
Dall’altra
parte c’è mia madre che, almeno per
genere, è un po’ più vicina a me perché come detto tante volte, ha fatto la
sarta e quindi un certo gusto per la moda, il bello e i vestiti l’ho preso
–inevitabilmente- da lei.
Non ha molti
vestiti perché dice di non averne bisogno. A causa dei problemi di salute non
cammina purtroppo e il massimo di passeggiata che può concedersi è di qualche
decina di metri.
Una volta trovato
il costume per la piscina per la ginnastica dolce e una gita annuale da Marina Rinaldi nel periodo delle vendite pre saldo, lei è a posto.
Con la mia
prima tredicesima, sei anni fa, le ho regalato una borsa a tracolla di Vuitton
per il quale mi bullo ancora. Mi aveva sempre detto che sognava una borsa di
Louis Vuitton e non sono mai stata così tanto felice di regalargliela.
Quest’anno
le regalo il suo profumo di Narciso Rodriguez e una crema antirughe di Chanel,
mega acquisti che ho fatto grazie allo sconto in profumeria di un’amica.
Solitamente è mio padre che le regala La Crema che poi lei riesca a far durare
mesi e mesi in barba a qualsiasi data di scadenza, ma quest’anno l’ho voluta
scegliere io. Mi sono fatta scivolare che la crema potrebbe andare bene anche a
me e adesso lei la vuole regalare a me. Come non detto.
E’ difficile
pensare anche a cosa regalare al
fidanzato perché, paradossalmente, sono le persone che si conoscono meglio
quelle più difficili da sorprendere.
La cosa che
veramente sorprenderebbe me e Diego quest’anno sarebbe una gift card della Easy
Jet e di Ryan Air.
Una merenda a
Le Pain Quotidien di South Kensington, perché finiamo sempre lì a ripararci
dalla pioggia.
Una cena da
Bomaki a Milano, perché è il giapponese migliore mai gustato in vita mia ed è
sempre difficilissimo prenotare.
Un materasso
nuovo per la casa di Milano e per quella di Londra. O meglio, un materasso
nuovo per la nostra nuova casa. Per ora solo immaginaria, nel 2015 spero che
diventi reale.
So così bene
le cose di cui lui ha bisogno (soldi) e lui sa così bene le cose di cui io ho
bisogno (soldi) che Natale è solo una
scusa per spacchettare qualcosa. Ma le cose che ci servono le compriamo nel
resto dell’anno.
Per ora, ci
siamo regalati la possibilità di vedere il musical Mamma Mia e lo Schiaccianoci a Londra a gennaio (11 anni di danza e solo l’anno
scorso ho visto Il Lago dei Cigni. Di questo passo i grandi classici del
balletto finirò di vederli nel 2045). Poi un paio di scarpe di Other Stories e
della maglieria.
Siamo gente
banale, che volete.
Però in
questi mesi mi sono annotata dei regali che possono fare da passepartout.
Ho già scritto cosa penso di Lucia e colgo l’occasione per augurarle di passare un
sereno e tranquillo Natale, sperando che gli interventi al viso siano finiti e
che il dolore degli ultimi sia passato. Ciao Lucia, ti voglio bene!
Penso che il
libro di Lucia possa essere un ottimo regalo ma non solo a Natale. Sempre.
Non pensate
che essendo una storia “negativa” non sia un bel regalo di Natale. La storia di
Lucia è tutto tranne che negativa e cupa. Dalle sue parole emerge solo la luce
della sua forza, una luce che annienta il buio della cattiveria umana.
E’ un libro
che è quasi una cura, regalatelo a chi sta passando un brutto periodo perché
nelle parole di Lucia troveranno la forza per uscirne e sentirsi più forti.
Regalatelo a
chi sta passando un periodo super felice, perché possa godere della forza di
Lucia e porti il suo messaggio ancora a più persone.
E’ un libro
per le mamme, per le figlie, per le sorelle, le amiche, i fidanzati, i papà,
gli uomini di famiglia.
Da qualche
parte ci sono le donne che non hanno il coraggio di denunciare e se ne
conoscete una e non avete il coraggio di farla parlare, porgetele questo libro.
Può fare poco, può fare nulla, magari invece le fa trovare la forza di
accorgersi dei segnali di violenza che sta subendo e andarsene, o cominciare a
parlarne.
Conosco
Federico da quando scriveva il blog Studio Illegale: un blog che stava al mondo
degli studi legali altisonanti come il Diavolo Veste Prada stava a quello della
moda.
Nei suoi
post metteva a nudo i personaggi che si alternavano nelle sale del potere tra
una due diligence e un contratto per una fusione. Mi sono innamorata del suo sguardo
satirico sul mondo degli avvocati che ho trovato, per molti versi, simile al
mio nei confronti della moda.
A lui è bastato
qualche post per farsi notare da una casa editrice (la Marsilio) che gli ha
messo una penna tastiera in mano e gli ha fatto scrivere il suo primo,
riuscitissimo, romanzo Studio Illegale. Da quel primo romanzo poi è nato il film,
con niente meno che quel tuttofare di Fabio Volo ed Ennio Fantastichini che
però ha reso solo parzialmente giustizia al libro, come sempre.
Nel giro di
poco è uscito lo spin-off di Studio Illegale, La Gente che Sta Bene e di nuovo è stato portato al cinema
dall’ottimo Claudio Bisio.
Da poco Baccomo, che pare non stancarsi mai, ha fatto uscire finalmente il suo terzo romanzo, Peep Show.
Non si parla
di porno in senso stretto ma analizza la pornografia dei giorni nostri tra La
Vita in Diretta, Verissimo, Quarto Grado, Quinta Colonna: su tutti i canali, a
tutte le ore e in tutte le fasce orarie. La pornografia di spiare sempre dal
buco della serratura di tutti: dal gelato della Madia su Chi, all’omicidio del
piccolo Loris, o i giornalisti perennemente appostati davanti alla casa di
Sarah Scazzi.
Parla della
parabola discendente di un ex concorrente del Grande Fratello che si aggrappa
con le unghie e con i denti alla celebrità che gli sta scivolando di mano,
quando i camerieri non ti riservano più il tavolo, quando la gente non ti
riconosce più per strada, quando puoi solo ambire ad inaugurare un centro
commerciale in provincia di Brescia.
Quello di
Nicola Presci è un personaggio strano e dalle varie sfumature: spesso, nel
corso del libro, ci si ritrova a fare il tifo per lui. Se vi è piaciuto To Rome
With Love di Woody Allen non può non piacervi Peep Show che però prende spunto
– forse- dall’analisi di Allen e la porta un po’ più in là, per vedere davvero fino
a dove un uomo può arrivare.
Peep Show
non parla più di avvocati e studi
legali ma lo stesso sguardo critico e satirico Baccomo lo applica a noi stessi,
noi che accendiamo la tv tutte le sere, noi che cediamo- come ad un guilty
pleasure- quando la D’Urso fa litigare la moglie di Funari con la sorella per
l’eredità o quando Nina Moric rilascia l’ennesima intervista su Corona o quando
ascoltiamo la Satta parlare del colore della pelle di suo figlio.
Siamo tutti
spettatori di un Peep Show.