E'
inutile dirlo: nemmeno lui ci sperava di vincere quest'anno. Certo,
eravamo tutte pronte a fare il tifo per lui, a crederci sul serio, ad
immaginarlo mentre stringeva tra le mani quella maledetta statuetta.
Ma la verità è che Wolf of Wall Street non era un film da Oscar e
lui, checché se ne dica, non sembra nemmeno pronto per riceverlo.
Un'esauriente
spiegazione del perché il nostro trottolino amoroso non abbia ancora
la statuetta dorata sul suo caminetto la potete trovare qui,
io dal canto mio posso dire che Leonardo, per i film che sta facendo,
pare che proprio non lo voglia ancora un Oscar.
Negli
ultimi anni i film più premiati hanno seguito dei filoni molto
precisi: sceneggiature che cercando di ripulire la coscienza degli
americani (12 Years Slave, Lincoln) o che cercano di esaltare il
grande orgoglio patriottico (Argo, 12 Years Slave, The Hurt Locker).
Non si
vince per i lustrini (The Great Gatsby), non si vince per la bellezza
(Titanic), non si vince con le storie basate su sesso, droga e soldi
(The Wolf of Wall Street). Gli Academy sono un premio in cui se la
cantano e se la suonano da soli, sono gli attori che premiano gli
attori stessi.
Inoltre,
da Charlize Theron in poi, pare necessaria la sofferenza fisica, il
patimento, l'abbruttimento per poter ambire alla preziosa statuetta.
Charlize
in Monster, Nicole in The Hours, Anne in Les Miserables, Bale in The
Fighter, Matthew in Dallas Buyers Club sono tutte prove che
dimostrano che la sofferenza paga. E quando non si applica la teoria
della sofferenza vi è quella della sceneggiatura che, nel caso di
Wolf of Wall Street, non era poi così forte.
Insomma,
fino a che Leonardo non la smette di fare il godereccio con le modelle, fino a che non smette di farsi
vedere solo alle feste con la birra in mano, fino a che non smette di andare sui
red carpet con la madre tamarra a 40 anni, fino a che non smette di stare
appresso a Scorsese (che l'ha ripulito dalla fama del Titanic ma
ancora non a sufficienza), non avrà quella maledetta statuetta
perché gli Stati Uniti sono puritani, perbenisti e nazionalisti. E
credetemi, io l'Oscar glielo avrei dato già per The Aviator, per
Catch me if you can, per Blood Diamond, per Inception e per Shutter
Island. Ma, ormai evidente, fare Quello Che Muore, nei film, non è
abbastanza.
Ma
dopo la doverosa premessa per Leonardo, parliamo di cose importanti.
Charlize
Theron – Dior; Julia Roberts – Givenchy Couture
A
Charlize qualcuno di fidato deve averle detto che sta bene solo con
quel preciso modello d'abito: a sirena e con strascico perché
altrimenti non si spiegherebbe come mai mette SEMPRE LA STESSA COSA
DA 200 ANNI? Beninteso il vestito è stupendo e la veste
perfettamente, ma mi piacerebbe (e non credo di essere l'unica)
vederla con qualcosa di diverso, di meno ingessato. Io e lei
condividiamo la stessa sorte (ahahahahah) cioè è difficile che
sembri esile. Piuttosto, il rischio sellerona Brigitte Nielsen è un
po' sempre dietro l'angolo. Questi abiti così strutturati e poco
mossi di certo non aiutano la sua splendida fisicità a sembrare un
po' meno “severa”. Voto: 7
Julia
è tornata bionda ed è splendida come al solito. Apprezzo che
nonostante la nomination non si sia vestita per la vittoria (gli
Abiti per la Vittoria sono una categoria a parte) anche se qualcosa
meglio del nero la si poteva fare. L'abito a colonna con la baschina
poi, un po' troppo già visto. Voto: 6