Considerando che ho fatto della mia identità –non più-
segreta online un vessillo della fiera vita da single, non posso esimermi
dall’annunciare che sì, in effetti, mi sposo.
Lontani i tempi in cui raccontavo della Pertica, dello
Scrittore, di Enrico 3-0, di quel genere di uomini a cui piaci ma non
abbastanza per richiamarti, di quelli che ti cercano e poi ti lasciano appesa
al bancone del bar.
Dopo 3 anni insieme e mille, ma davvero mille, ostacoli,
difficoltà, notti in bianco, cuscini bagnati di lacrime, depressioni profonde
come la Fossa delle Marianne, pianti, colpe, drammi, maledizioni invocate, piatti
per aria e coltelli lanciati (ehm), siamo ancora qui, siamo io e lui.
Non ho affrontato a sufficienza il tema relativo al suo
ritorno da Londra perché, come si era intuito dal mio Twitter, tra gennaio e
aprile non ho passato un bel periodo e per quanto abbia subito una netta svolta
al momento del suo ritorno, rialzarsi non è stato immediato.
La ricerca della casa ci ha succhiato ogni energia e quando
credevamo di aver raggiunto il punto massimo di stanchezza e sfinimento (agenti
immobiliari, amministrazioni condominiali, banche, notaio, agenzia delle
entrate, padroni di casa, IMU, architetti, imprese di ristrutturazioni…)
abbiamo realizzato che, di fatto, eravamo solo all’inizio.
Ma torniamo al mio status di Zitella: come ho già detto
mille volte, Zitelle ci si nasce e di certo non smetterò di esserlo da sposata.
Essere zitelle è sostanzialmente essere rompicoglioni e
modestamente, credo che almeno su questo non troverò mai pace.
Di certo la Zitella del 2010 che ha aperto questo blog è
diversa da quella del 2015: ora non trovo ora interessante parlare della
cellulite di Beyoncé o delle cosce di Kelly Osbourne ma non rinnego il passato,
un po’ come non rinnegherei la collana a tatuaggio che indossavo nel 2000 o la
camicia di ciniglia del 1998.
Ammetto che ho passato gran parte della mia vita a pensare
che non mi sarei mai sposata, che non avrei mai trovato un vero compagno, che
nella vita o sei felice dall’inizio o non lo sarai mai (cit.)
Io e Diego ci siamo conosciuti al lavoro, quando lavoravamo
da Prada.
Lavoravamo insieme tutti i giorni e spesso mi ritrovavo a
flirtare con lui senza nemmeno rendermene conto, suscitando l’ilarità del mio
ufficio che già prevedeva l’epilogo di cui è oggetto questo post.
Ho passato un anno e mezzo a dire “ma va, io con quello? Ma
l’hai visto che capelli? E’ ridicolo” salvo poi gongolare davanti alla chat di
Skype quando mi mandava i cuoricini e mi risolveva i bug.
Al primo aperitivo in realtà l’ho invitato io ma dopo il
primo bacio avevo già deciso che NO, a me con ‘sto capellone non interessa uscire.
Posso dire che poi però il suo essere un Ariete stracciapalle è emerso e ha
ottenuto il secondo e decisivo appuntamento in cui si è giocato il tutto per
tutto un po’ come Schillaci ai Mondiali.
Vi risparmio il racconto dei successivi 3 anni nonché del
periodo da pendolari dell’amore sull’asse Milano-Londra e arrivo direttamente
al mio ultimo compleanno.
Nel periodo in cui ci siamo lanciati i coltelli all’inizio
di quest’anno, gli è scivolata di bocca una cosa tipo “ma io al tuo compleanno
volevo riportarti a Parigi”.
Come ben si sa, qualsiasi sillaba pronunciata durante un
litigio, viene appuntata e archiviata in un apposito file nella memoria dei
Ricordi Base.
Posso dimenticarmi il cognome del CFO dell’azienda per la
quale lavoro, posso dimenticarmi il nome della pizzeria davanti alla quale
passo tutti i giorni ma ricorderò per sempre quello che hai detto quando
stavamo litigando, come l'hai detto e cosa indossavi nel momento in cui lo stavi dicendo.
Nonostante i mesi passassero, tenevo sempre a mente che in
ballo poteva esserci Parigi, se non altro per rinfacciarlo al momento giusto (Ah, non andiamo a Parigi? Benissimo. Muori)
Ma il caro eroe di queste pagine sapeva di avere a che fare
con una delle Vergine e che niente di quello che dici, hai detto o dirai
passerà mai inascoltato alle mie orecchie.
Gli indizi per arrivarci da sola non sono mancati, 5
stagioni di Homeland e 3 di The Americans non sono passate invano e a me non
sfugge manco uno scontrino nel bidone della carta.
Ormai giunti al week-end del mio compleanno la destinazione
già la sapevo, nonostante le continue rassicurazioni sul fatto che avremmo trascorso
“uno splendido week-end presso un resort a Cinisello Balsamo”.
Nemmeno il tempo di arrivare in aeroporto che io mi ero già
scorticata i piedi dall’entusiasmo, senza contare che per la prima volta stavo
arrivando a Parigi CON IL SOLE.
Giusto per essere preparata ad ogni evenienza mi ero
stampata il post della Connie sui luoghi poco
comuni da visitare a Parigi, ma appena poggiato piede sul suolo francese non
abbiamo resistito e abbiamo noleggiato una bici con l’intento di vagare senza
meta dal Marais verso l’ignoto.