martedì 19 giugno 2012

Madonna Milano 2012: La Regina tiene botta e non accenna a smettere

Madonna è Madonna.
Madonna non è come Lady Gaga, non è come la fu Britney Spears.
Madonna è intoccabile.
E non lo dico perché odio Lady Gaga, visto che a Ottobre andrò al suo concerto.

Madonna va vista almeno una volta nella vita.
E prima ci si rende conto che i migliori concerti sono già stati e non torneranno mai, meglio sarà per tutti.
Non ci si può aspettare che una come Madonna, ancora sul palco a 54 anni, non faccia pagare meno di 100 euro.
E non ci si può aspettare che una come Madonna sia pure puntuale.
O che canti dal vivo.
O che faccia un concerto di due ore.
Jeeeeez, è Madonna!

Però, PUR ESSENDO MADONNA in quindi INTOCCABILE, ci si può aspettare Like a Virgin e si ha TUTTO IL SACROSANTO diritto di uscire incazzati se lei decide di cantarla con un arrangiamento che stravolge l'intera canzone.
Tutta la vita, TUTTA LA VITA CRISTOSANTO, che una aspetta di cantare LIKE A VIRGIN e devo sentire 'sto lamento?

ESTOCAZZO PERO'.

Partiamo dall'inizio: comprare i biglietti non è stato semplice, ricordo all'epoca (forse febbraio) di aver smadonnato non poco a causa di quel sistema progettato del demonio che è il verified by Visa. E' per questo che, pur di non perdere la possibilità di vedere Madonna, ho investito la mia cara amica Gogo dell'immensa responsabilità dell'acquisto. Operazione per altro portata a compimento per lei senza nemmeno troppa difficoltà (segna Visa, segna).
CHE BRAVA AMICA CHE HO.

Arriviamo al giorno del concerto, belle baldanzose nelle nostre mise anni '80 pur essendo gente nata negli anni '80.
E' dopo mezzora di tram e dieci minuti di autobus che Amica Gogo decide di sfoderare i biglietti dalla borsa, ancora intonsi nella loro busta.

Due buste.
Due biglietti.

- Mi dici in che anello siamo?
- Toh guarda i biglietti, prendi la tua busta.
- Come LA MIA BUSTA? Ne hai due?
- Sì non me li faceva comprare due biglietti in una volta.
- Allora c'è anello blu, fila 13 posto 23 e anello verde fila 13 posto 33. Sono solo dieci pos.....CHE COOOOOSA? ANELLO BLU ANELLO VERDE!
- Oddio non me ne sono accorta!
- ENNO' CHE NON TE NE SEI ACCORTA non hai mai aperto la busta in QUATTRO MESI!
- …
- ...
- No aspetta, stai tranquilla. Adesso vedo se posso SCAVALCARE.


I puntini gialli segnalano i posti dei biglietti acquistati.

Tentiamo la sorte, entriamo all'anello blu entrambe.
Ci sparano il biglietto senza controllare l'anello.
Siamo terrorizzate.






SHARE:

lunedì 18 giugno 2012

Pubblicità progresso: l'abbronzatura spray

Dopo avervi dato la mia opinione sulla luce pulsata, continua la serie di post di utilità sociale e stavolta parliamo dell'abbronzatura spray.
Lo so che state già pensando a Snooki e a Ross Geller, e già prima di me un'esimia collega si è espressa sull'argomento.
Eppure, per quanto il sacro verbo di Sarinski sia diffuso, le masse ancora non sono colte a sufficienza poiché nei giorni precedenti alla seduta, amici, parenti, colleghi, superiori, passanti e commesse non hanno fatto altro che farmi del puro e semplice terrorismo psicologico. Come quella volta che prima di operarmi per la miopia il mio ottico di fiducia mi disse “ma lo sai che tanto poi non ci vedi da vicino?”. Certo, intanto tu sei ottico e io ora ho 12 decimi.


Dove fare la spray tan? In un istituto specializzato, non proprio dai primi stronzi.
Io sono andata nello stesso posto di Sarinski, perché mi fido di lei: Sun Store, Via Felice Casati 35.
Mentre tutti si sdraiano sotto lettini UVA quando fuori c'è una splendida giornata di sole, io sono l'unica polla a scegliere l'abbronzatura spray. Butta bene, mi dico.
Come da istruzioni, mi presento con un outfit dei più sbracati in mio possesso e necessariamente nero, visto che so che nelle prime ore l'abbronzatura POTREBBE colare.
Come da istruzioni, nei giorni precedenti mi sono scartavetrata corpo e viso con le superfici più ruvide che ho trovato in casa, dal guanto di crini fino alla grattugia, pur di eliminare anche l'ultimo grammo di sole del 2011 dal mio corpo.

Subito noto quali sono gli strumenti del mestiere: una pistola uguale a quelle usate da mio padre per verniciare le macchine e una bottiglia di vernice color DARK BROWN che lì per lì mi ha lanciato nel panico, essendo io del colore della mozzarella.
Durante la seduta terrete addosso la vostra biancheria, quindi abbiate la premura di scegliere uno slip che si può macchiare (pur essendo l'abbronzatura -letteralmente- lavabile).
Mentre salivo sulla pedana e partiva contemporaneamente un aspiratore assordante, l'addetta alla verniciatura ha cominciato a darmi le sue istruzioni.













SHARE:

giovedì 14 giugno 2012

Zitella goes to New York: Part #3

_DAY 4
Al quarto giorno a New York ho la città in PUGNO!
Bhè certo, capire ancora dove sta l'est e l'ovest rispetto a dove devo andare io è ancora una missione piuttosto difficile però procedendo per tentativi arrivo più o meno dappertutto.
In nome degli anni passati a sfogliare riviste di moda decidiamo, io e Amica Giada, di andare insieme alla mostra su Prada al Metropolitan Museum.
Lei, fiduciosa, mi dice “ci vediamo davanti al Met” come se tutto questo fosse normale, come se sentirsi Blair e Serena (BOOOOOH, ALLUCINAZIONE IMMENSA: BLAIR E SERENA SIAMO NOI, GIADA!) sia perfettamente normale.
Come il giorno prima Barbara si fa il segno della croce prima di andare a lavorare, perfettamente cosciente di non poter fare nulla sul mio mancato senso dell'orientamento nella città più facile del mondo.
Poco male, armata di foglio e penna (perché, ahem, non sapevo far funzionare la stampante) mi copio paro paro il percorso da dove stavo fino al civico 1000 sulla 5th Avenue, grazie a quel provvidenziale sito a prova di deficiente che è hopstop.com
Devo avere uno sguardo davvero molto sicuro di me quando cammino perché addirittura in due mi chiedono indicazioni, di cui un povero modello che avrei voluto prendere e coccolare per tutta la giornata visto che pareva più spaesato di me. Forse però gli sono sembrata deficiente quando mi ha chiesto se il treno che stavo per prendere era Express e io ho bofonchiato qualcosa come “Io? Express? Cosa? No! Foglio! Hopstop.com! Met! Don't know!”.

La mostra, come anticipato, è stata bella ma non quanto mi aspettavo.


I temi affrontati non sono stati molti, tra cui il confronto waist up/waist down (gli elaboratissimi capispalla e i bizzarri copricapi Schiaparelli contro le celebri gonne e le favolose calzature Prada), le collaborazioni con gli artisti (Dalì per la Schiaparelli e le poche e rare collaborazioni esterne per Prada, come quella con James Jean), il rapporto con il “brutto” inteso come ugly chic...
La mostra nasce per evidenziare i moltissimi parallelismi tra le due donne (l'uso di determinati materiali alieni alle passerelle come il pvc) che parlano tra di loro in una serie di conversazioni impossibili. Come ad ogni intervista, si rimane incantati ad ascoltare la signora Prada, donna di infinita cultura e intelligenza. 


Già che c'eravamo, sulla 5th Avenue, decidiamo quindi di farci un giro a Central Park.
Si fa fatica a definirlo parco. Direi che è più una distesa infinita di verde, di laghetti, di ponticelli, di percorsi per runners.


Ci sono decine di barchette da noleggiare sulle quali chissà in quanti, tra una remata e l'altra avranno fatto la Proposal. C'è il ponticello sul quale si sono girate decine e decine di scene culto e ci sono i grattacieli che si affacciano da qualsiasi punto, in lontananza.
Sei in città ma ti senti lontana dalla città.
Tutti corrono, tutti si muovono, tutti fanno sport. E tu, che stai solo camminando, ti senti in colpa.
A Central Park ti capita di poter vedere di tutto, dalla tipa che improvvisa uno shooting sdraiata su una roccia, alla coppia di cinesi in abito nuziale fino al lancio di bouquet di una coppia gay appena sposata. E quando te ne meravigli pensi, ma perché dovrebbe essere strano?





SHARE:

mercoledì 6 giugno 2012

Zitella goes to New York: Part #2

_DAY 2
Per il mio primo giorno a New York la mia amica-angelo custode ha pensato bene di prendersi un giorno libero, in modo tale da mostrarmi l'indispensabile per girare poi da sola (spoiler: DA SOLA! AHAHAHAHAH!).
Partendo dal Lower East dove stavamo, andiamo nuovamente a Soho, dove consumiamo un chicissimo brunch da Balthazar (che, come tutti vi diranno, sono sempre gli stessi del più volte citato in Sex and The City, Pastis) a base di uova alla Benedict. 
 

E non chiedetemi chi è 'sto Benedict ma dev'esser stato uno bravo perché le uova erano una cosa spaziale. 

E il locale pure, con questo tipica moda americana di far sembrare vecchie le cose nuove. Specchi anticati, sedili consunti, mattoni, piastrelle. Tutto fake-vecchio che in realtà è brand-new.
Con penna alla mano, io e Amica Barbara spuntiamo tutte le cose della lista che ho compilato grazie ai vostri commenti al mio post sul Cazzofaccio New York.
Al termine del brunch Barbara pensa che io abbia le idee chiare su cosa fare il giorno dopo. Ma non è così.
Ci facciamo il giretto per Soho, un saltino da Dean & Deluca dove mi stupisco che abbiano anche la disposizione della carne in macelleria ordinata per tonalità di colore e proseguiamo andando nel negozio di Prada sulla Broadway (quello con le scalinate dove Carrie compra la camicia rossa a Berger, il suo fidanzato scrittore) allestito con chiari riferimenti alla mostra al Met.
E' un bel negozio che tutto sembra tranne che un luogo di vendita. E' spettacolare, teatrale (come tutto, a New York).
Sulle pareti sono riportate immagini che riprendono alcuni pezzi della mostra nonché le collezioni più belle e importanti degli ultimi anni. Non si potevano fare foto.




Proseguiamo il nostro giro, ci sono decine e decine di negozi in cui vorrei spendere e spendermi. Uno su tutti TIBI.

Ma non posso, è SOLO il mio secondo giorno e io ho un budget limitatissimo.
Comincio a notare una cosa tipica degli americani: sorridono SEMPRE.
Il personale dei negozi è pagato per sorridere. Ogni stronzo che entra in negozio viene salutato e omaggiato con il più solare dei sorrisi. Ad ogni turista, passante, viandante che oltrepassa quella soglia verrà posta la seguente domanda: “HI, HOW ARE YOU?”.
Ora, voi capirete che alla prima volta, forse alla seconda, mettici pure alla terza, una qualsiasi persona risponde al loro saluto con un altrettanto allegro sorriso e magari pure un “I'M FINE THANKS”, ma poi?
Tu, piccola commessa venuta a New York a cercare fortuna, a cercare l'amore, la moda e la fama, tu piccolo ragazzo che mi saluti come se fossi la cliente numero diecimila e avessi vinto qualcosa, tu cassiera che mi chiedi il mio nome tre volte per alla fine manco capirlo, MA TE NE FREGA VERAMENTE DI COME STO? NO? E ALLORA PERCHE' ME LO CHIEDI? 
 

SHARE:

venerdì 1 giugno 2012

Zitella goes to New York: Part #1

Riordinare le idee dopo un viaggio a New York non è facile.
Ho ancora il biglietto aereo che gira per casa, gli scontrini dei souvenir e un regalino da consegnare alla mamma.
Le foto le devo ancora scaricare tutte. Solo quelle che ho fatto con la fotocamera sono 328.
Più quelle del cellulare e quelle della mia amica.
Non voglio anticiparvi nulla ma una cosa sì: New York è una città che va visitata. Almeno una volta nella vita, anche per gli scettici come me. Non voglio dire cose banali come “New York è una città che ti cambia”. No, non ti cambia. Sarà che ho una prospettiva fredda nell'approcciarmi a qualsiasi cosa, trovo però che sia una città che va visitata. Non è paragonabile a nient'altro nel mondo, è un insieme di turismo e di spettacolo, di arte e di cultura, di metropoli e di paese. E' un fottuto mix -credo- impossibile da trovare altrove. Chiunque, a New York, può sentirsi a casa.

Come molti mi hanno detto e come molti altri vi diranno ho camminato tantissimo.
Si è calcolato una media di 10 km al giorno. Mangiavo come una scrofa e non sono ingrassata di un etto, anzi. Credo di essere pure dimagrita.
I piedi erano puntellati di bolle. Le peggiori sono state sui talloni alla fine del secondo giorno. La mia amica è inorridita quando mi ha visto bucarmi le bolle con una spilla da balia (ma ringraziamo dio di averlo fatto altrimenti a quest'ora avevo le stimmate).
La prima cosa che vi diranno di New York è che è facile orientarsi.

Balle.

Sarà facile per loro che c'hanno tutti gli smartphone con le super mappe di Google che sono in grado di localizzarti anche la tazza del cesso più vicina.
Il mio Blackberry mandava un sms ogni 5 tentativi e usare i servizi internet era impossibile.
Quindi, come una brava giovane marmotta ho dovuto utilizzare LA MAPPA.
Utilizzare una MAPPA mette per scontante tante cose. Una su tutte il senso dell'orientamento. Per esempio capire in che punto del mondo ti trovi rispetto all'EST e all'OVEST, due parole molto care ai newyorkesi.
Ma tant'è, ce l'ho fatta, e la prima volta che sono riuscita ad orientarmi da sola è stata su Park Avenue. L'ho preso come un segno del destino.

Non posso raccontarvi della mia vacanza senza procedere con ordine (e a puntate) quindi:

_DAY 1
Il giorno della partenza, verso le 5.30, ricevo una chiamata dall'American Airlines: “Good morning, nsnncvjdnc jedhxjxhrhnvlèwjshfllor hrgssl SORRY”. E io penso: tu guarda che gentili questi dell'American Airlines che mi chiamano PER RICORDARMI CHE HO UN VOLO.
Arrivo in aeroporto e scopro che il comandante ha avuto un malore, quindi hanno annullato il volo in partenza.
Mi chiedono se voglio passare una notte a Malpensa o partire con la Delta*, un'ora prima.
Che domande.

Insomma, supero tutti i controlli, sono POCO agitata, ho tutti i documenti, le marche da bollo, il passaporto, l'Esta, la valigia. E' tutto OK.
Ho il culo sull'aereo, uno schermo davanti e “POSSO VEDERE TUTTI QUESTI FILM?” vado in overdose da cinema, mi guardo Crazy Stupid Love, I don't know how she does it, Black Swan e Life as we know it.
Tutti di filato.
Mangio quello che le solerti assistenti di volo pongono sul mio vassoietto ogni due ore.
Atterro a New York con un mal di testa esponenziale, ma poco importa, ho finalmente visto Black Swan. Che è un film della madonna (se hai fatto danza), per inciso.
Atterro, comunico la notizia oltreoceano alla genitrice. Noto che il Blackberry non funziona. Ma il cellulare di back up sì. Fiuuu. 
D'altra parte quante possibilità c'erano che SU DUE CELLULARI nessuno dei due funzionasse?
Passo tutti i controlli, compreso quello del poliziotto che mi fa la scansione della retina. Mi dice che sono glowing e, osservando l'indirizzo posto sui moduli, mi chiede se vado a trovare un uomo. Io gli rispondo ammiccante MA NOO E' UN'AMICA.
Dall'aeroporto in poi comincia il panico. Ma io il panico non lo manifesto. Le alternative per raggiungere Manhattan sono due: spendere 50 $ di taxi o prendere il trenino e poi la metro.
Ce la posso fare. Sfido il mio senso dell'orientamento.
Prendo il trenino.
Comunico a Barbara, la mia amica che mi ospita, che prendo l'airtrain. Lei mi risponde “fammi sapere quando arrivi a Jamaica Station”. Ok penso io, magari mi deve dire cosa fare una volta uscita dalla metro visto che NON LO SO.
Arrivo a Jamaica Station.
Invio sms.
Una volta.
Due volte.
Tre volte.
Ciao, cellulare ciao. Da questo momento SEI SOLA A NEW YORK.

SHARE:

Condividi

Blogger Template Created by pipdig